Esiste una correlazione tra stress e depressione? Se sì, quale? Mi pare un approfondimento interessante, perché leggiamo di continuo quante persone, e purtroppo sempre più giovani, siano esposte a malessere da stress, a partire da quello scolastico, ed è quindi necessario acquisire consapevolezza di come e quando si rischi di degenerare nella depressione, in modo da evitarlo e metterci al sicuro.
Nell’immaginario, stress e depressione sembrano disturbi con manifestazioni antitetiche: se si pensa a una persona stressata la si immagina sottoposta a troppi stimoli, agitata magari; mentre, al contrario, il depresso lo immaginiamo statico, rinunciatario, demotivato…
Per questo motivo può sembrare poco intuitivo che ci sia una correlazione tra questi due vissuti, eppure è così, e vedremo che le motivazioni sono in parte psicologiche e in parte fisiche.
La mente vagante
Ogni giorno per lavoro o per necessità personali siamo sottoposti a una quantità enorme di stimoli come e-mail, telefonate, messaggi: ci tempestano, spesso insieme, costringendoci a spostare l’attenzione da uno all’altro e creando un disorientamento molto faticoso e snervante per la nostra mente.
Questo fenomeno, anche chiamato “mente vagante”, caratterizza persone che se sottoposte a specifici test psicologici mostrano maggiore predisposizione alla depressione e minori livelli di felicità, serenità e capacità di autorealizzazione.
La consapevolezza dei rischi legati a questa tendenza è fondamentale perché ignorando il problema si rischia di chiedere aiuto e intervenire quando ormai l’individuo ha raggiunto stati di depressione o disturbi legati all’ansia, e a quel punto le armi terapeutiche sono limitate e si limitano alla terapia farmacologica e alla
psicoterapia.
Lo stress è connaturato alla vita e a piccole dosi può anche avere una funzione positiva e stimolante, ma resistere a uno stress prolungato ha conseguenze pericolose, si parla in questo caso di
stress cronico. La nostra mente e il nostro corpo possono far fronte positivamente allo stimolo d’allarme provocato dalle condizioni di uno stress momentaneo, ma alla lunga gli effetti sono devastanti.
In alcuni soggetti, più predisposti di altri, questi effetti provocano episodi depressivi e a lungo andare modificano anche l’assetto neuronale del nostro cervello che nel tempo tende a chiudersi e deprimersi sempre di più.
Vediamo quindi le tre fasi di questa degenerazione.
Fase di allerta
Sappiamo bene che in presenza di un qualsiasi pericolo il nostro organismo si predispone per la difesa o la fuga: questo comporta un’accelerazione del battito cardiaco con conseguente affanno respiratorio e i muscoli e i nervi si tendono, l’essere umano diventa una corda di violino, pronto a scattare e reagire.
Questo è quello che avviene di fronte a qualunque stimolo esterno che percepiamo come pericoloso o stressante; è sano che il nostro corpo e la nostra mente reagiscano così, perché si attrezzano per rispondere nel modo migliore a imprevisti, rischi e problemi di varia natura.
Fase di resistenza
Quando l’organismo realizza che la causa dell’allerta non svanisce in tempi rapidi si mette in condizione di poter far fronte più a lungo, di “resistere”.
Per questa fase di adattamento il nostro organismo attiva la produzione di corticotropina, un ormone prodotto nell’ipofisi che a sua volta stimola la produzione del
cortisolo, ormone importantissimo nei
processi di adattamento dell'organismo allo stress fisico e/o psicologico.
Il cortisolo purtroppo ha però un’
azione immunosoppressiva, come si può immaginare, quindi, una sua attivazione di lunga durata comporta una soppressione del sistema immunitario che prolungandosi può portare a patologie infettive; infatti quando siamo stanchi e stressati ci ammaliamo di più.
Anche le patologie autoimmuni sono correlate allo stress perché il sistema immunitario
deregolato può essere o inibito oppure troppo vivace nelle sue risposte, attaccando quindi strutture dello stesso organismo.
Lo stress cronico, inoltre, inibisce l’azione di controllo del sistema immunitario per sbarazzarsi di eventuali cellule alterate, causando maggiore probabilità di sviluppare malattie tumorali.
Insieme alla produzione di cortisolo, la corticotropina stimola la produzione di
dopamina che agisce nell’area del cervello chiamata
nucleo accumbens, che ci aiuta ad avere motivazione ed energie per raggiungere i nostri obiettivi. Quando però la produzione di dopamina è stimolata troppo a lungo arriva un momento in cui non viene più secreta e il nostro cervello va in astinenza: subentrano demotivazione, negatività ed apatia, ed ecco spiegato il meccanismo che lega due malesseri apparentemente opposti come stress e depressione.
Per fortuna non tutti coloro che soffrono di stress cronico vanno incontro alla depressione. Determinati fattori genetici e persino un’
inclinazione alla resilienza evitano ad alcuni di cadere in questa trappola. Tuttavia, nessun individuo può reggere lo stress prolungato senza rischiare alterazioni organiche e mentali che possono danneggiare in modo serio la salute.
Fase di esaurimento
Lo stress cronico ha tutta una serie di sintomi che si possono facilmente identificare e che sono sia fisici che psichici: dalla cefalea alla tachicardia e alle coliti per la prima categoria; dall’insonnia, alla rabbia, alla riduzione di concentrazione e al pianto per la seconda.
È evidente che alla lunga sia l’organismo che la mente non possono far fronte a questi sintomi: dopo un periodo in cui la persona sottoposta allo stress cronico cerca di far fronte, grazie anche alla sua capacità fisica e mentale di resistere e adattarsi, sopraggiunge la fase dell’esaurimento, e le difese crollano del tutto.
Questo logorarsi di tutte le risorse dell’individuo può portare alla depressione che si manifesta con sintomi come l’insonnia grave, l’ansia, il calo delle energie e del tono dell’umore, una perdita di peso importante. Possono comparire infezioni recidivanti, malattie infiammatorie come ulcere e
gastriti, malattie legate al mal funzionamento del sistema immunitario.
Il ruolo della psicoterapia
In tutte queste fasi la psicoterapia può essere d’aiuto, come prima cosa perché innalza l’attenzione e la consapevolezza personale sul proprio benessere o malessere, dandoci la possibilità di intervenire su eventuali atteggiamenti o abitudini che nel tempo degenerano, provocando un livello di stress irrecuperabile. Da questo punto di vista è molto importante imparare a vedere e
leggere eventuali segnali di affaticamento o negatività, mentali ed emotivi, e saper agire per tempo. Lo psicoterapeuta può aiutarci a cogliere questi aspetti in un momento specifico e a esercitarci per identificarli tempestivamente in noi e nelle persone che ci stanno a fianco.
L’altro aspetto su cui la psicoterapia può agire in modo proficuo è il fatto di
mettere in campo risorse personali positive, supportare la resilienza, e in generale aiutare l’individuo a non soccombere nell’attraversare periodi della vita che possono essere molto critici.
In alcuni casi, tra l’altro, la persona coinvolta non ha la possibilità di cambiare le circostanze esterne; a maggior ragione quando ci troviamo in questa situazione l’opportunità che la psicoterapia ci offre è di avere un punto di appoggio e di confronto, per gestire una fase di resistenza o adattamento limitando il rischio che questa degeneri nell’esaurimento e nella depressione.