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PSICOLOGO - PSICOTERAPEUTA - ISCRITTO ALL'ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA LOMBARDIA, N. 8467
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Nutrire il lupo giusto

Nutrire il lupo giusto
In ogni momento della nostra vita abbiamo la facoltà di scegliere tra la rabbia e la gentilezza, tra la vendetta e la compassione.

In quanto esseri umani, abbiamo la possibilità di districarci dalle vecchie abitudini, di amarci e di aver cura l'uno dell'altro.

Ma è come se ci trovassimo sempre a un bivio, sempre davanti alla scelta di quale via imboccare.

Momento per momento, possiamo scegliere se andare verso una maggiore chiarezza e felicità, o verso la confusione e il dolore.

In un antico racconto indiano, una sera un anziano Cherokee raccontò al nipote della battaglia che avviene dentro ogni persona.

Disse:
“Figlio mio, la battaglia è tra i due lupi che vivono dentro di noi.

Uno è infelicità, paura, preoccupazione, gelosia, invidia, dispiacere, autocommiserazione, rancore, senso di inferiorità.

L’altro è felicità gioia, amore, dispiacere, speranza, serenità, gentilezza, generosità, verità, compassione”.

Il piccolo ci pensò su per un minuto e poi chiese: ”Quale dei due lupi vince?”.

L’anziano Ckerokee rispose semplicemente: “Quello a cui dai da mangiare…”.

La metafora dei due lupi è un messaggio breve ma profondo.

Quando siamo in difficoltà nella nostra vita possiamo lasciarci andare a seguire quella parte di noi depressa o impaurita, o rabbiosa (che spesso sfocia in pensieri come ad es.: “E’ ingiusto!”, ”Perché proprio a me?”, “La vita mi è avversa” e così via…).

Se non ci limitiamo ad essere toccati e attraversati da questi stati d’animo, anche se legittimi e comprensibili, ma cominciamo a coltivarli, permettendo loro di radicarsi nella nostra vita, finiamo per restarne prigionieri.

Quando coltiviamo stati emotivi di dolore o di rabbia, anziché lasciarli andare, rischiamo di restare prigionieri di questi stati d’animo.

C’è una sofferenza nella vita di cui tutti noi facciamo esperienza che, seguendo un Sutra del Budda, il Sellena Sutta, potremmo identificare come la prima freccia.

C’è poi una sofferenza inutile che deriva da un piano cognitivo perché è data dalla costruzione mentale che noi facciamo sulla sofferenza, e questa è la seconda freccia.

E’ data dal restare prigionieri nella prima sofferenza, dal non saperla elaborare e lasciare andare, da cui ci facciamo prendere …imprigionare.

Si potrebbe anche dire che quando siamo prigionieri non solo lo siamo fisicamente ma anche mentalmente, ad esempio prigionieri di un’idea, di uno schema dal quale non riusciamo a liberarci, in qualche modo questo ci rende anche cattivi, nel senso di aggressivi, in quanto infelici.

E siamo cattivi anche con noi stessi quando ci facciamo prendere e sedurre da una sofferenza inutile.

E’ questa, un secondo tipo di sofferenza, da cui potremmo diventare capaci di liberarci, imparando a lasciarci toccare dalle esperienze (prima freccia) senza crearvi sopra costruzioni mentali che ci imprigionano in esse (seconda freccia), imparando a coltivare e a nutrire il “lupo buono” che è in noi.

Si potrebbe dire anche che il lupo cattivo è imprigionato nelle proprie costruzioni mentali, mentre il lupo buono è libero da esse.

Quindi quando siamo in difficoltà nella nostra vita abbiamo una possibilità.

Possiamo imparare a coltivare e a potenziare le nostre risorse, cioè quelle parti di noi più capaci di affrontare le cose, possiamo attivare in noi la resilienza, possiamo recuperare in noi quella che i buddisti chiamano “salute intrinseca” e che ci pare perduta o addirittura mai conosciuta.

In questo modo la sofferenza sarà un’esperienza che attraversa la nostra vita anziché radicarsi in essa.
 
Studio di Psicoterapia e Neurofeedback
Patrizia Nicoletti
a Legnano 
Cell. 338-3829166
 
 
 
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