Quando i giapponesi riparano un oggetto che si è rotto, ne valorizzano ogni singola crepa attraverso un procedimento sofisticato che prende il nome di “kintsugi”.
Questa tecnica è una forma d’arte dove il vaso rotto viene fissato con una resina cosparsa di polvere d’oro.
Una volta ricostruito, il vaso diventa più bello e più prezioso rispetto all’originale.
La ceramica è fragile, forte e bella, tutta insieme, proprio come le persone. Allo stesso modo, la nostra vita può rompersi ma può anche ricomporsi, se sappiamo come fare.
Secondo i giapponese infatti, il vaso rotto e riparato con quelle deliziose venature dorate che sono il risultato dell’unione di pezzi frantumati, starebbe a significare la vita e i cambiamenti che porta con sé.
La vita in effetti, presenta sempre delle spaccature, delle scissioni, che ci portano a compiere nuove scelte e ad intraprendere nuovi percorsi.
Speso siamo soliti dare alla “rottura” un significato negativo, di dolore, fallimento e vergogna.
Quello che il kintsugi ci insegna è che ogni esperienza, anche la più dolorosa e tormentata, può essere fonte di forza, che le cicatrici stesse diventano “bellezza” da esibire con orgoglio.
Può accadere che quando le cose vanno male, quando quello che abbiamo cade in frantumi, siamo maggiormente in grado di vedere le opportunità che non si sarebbero mai potute vedere se la nostra vita non si fosse lacerata così profondamente.
A volte il trauma che viviamo ci lascia più forti di quanto lo fossimo stati prima.
Quando siamo rotti dal dolore, possiamo ricomporci in un modo tale da sperimentare una nuova integrità, più forte e più completa di prima.
Le cicatrici che portiamo devono essere il segno della nostra unicità e della nostra forza.
“Il mondo spezza tutti e poi molti sono forti proprio nei punti spezzati”. (Ernest Hemingway)