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PSICOLOGO - PSICOTERAPEUTA - ISCRITTO ALL'ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA LOMBARDIA, N. 8467
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Imparare a stare

Imparare a stare
Il punto essenziale per un nostro cammino di crescita saggia, di addestramento a non accrescere l’aggressività, è imparare a essere presenti.

Fare delle brevi pause, più volte al giorno, è un modo per essere presenti che non implica sforzi particolari.

Negli insegnamenti buddhisti, si dice che la radice di ogni scontentezza sono l’egocentrismo e la paura di essere presenti.

Noi passiamo facilmente dall’essere aperti e recettivi, così come al ritirarci.

Di continuo, noi scappiamo dal disagio per  cercare un sollievo, magari producendo un sintomo fisico, senza affrontare mai il problema alla radice.

Questa fuga da tutto quello che è spiacevole, questo ciclo continuo di azioni finalizzate ad evitare il presente, è definito “assorbimento in se stessi”, aggrapparsi a sé o all’ego.

Una delle metafore per l’ego è quella del bossolo.

Noi stiamo nel nostro bossolo perché abbiamo paura, paura delle emozioni e reazioni che la vita scatena in noi.

Abbiamo paura di quello che può capitarci.

Ma questo assorbimento in se stessi, il tentativo di trovare zone protette, crea una sofferenza terribile.

Ci indebolisce, il mondo diventa più terrificante e pensieri ed emozioni sono sempre più minacciosi.

Dell’ego si può parlare in tanti modi, ma essenzialmente si può definire come l’esperienza di non essere mai presenti.

C’è una tendenza ben radicata, quasi una compulsione, a districarsi, anche quando non ci sentiamo consciamente a disagio.

C’è un rumore di fondo di irascibilità, noia, irrequietezza.

La spiegazione buddhista della nostra irrequietezza è che cerchiamo sempre di avere la “terra sotto i piedi”, e non funziona quasi mai.

Siamo sempre in cerca di un punto di riferimento permanente che però non esiste, in quanti tutto è impermanente, precario, provvisorio.

Ogni cosa è in via di cambiamento, è fluida, variabile e aperta.

Niente è fissato una volta per tutte come vorremmo.

Questa non è una cattiva notizia, ma tutti noi sembriamo programmati a rifiutarla.

Non riusciamo a tollerare l’incertezza.

L’insicurezza non è altro che la reazione dell’ego alla naturale mutevolezza della realtà.

Tutti noi conosciamo questa insicurezza di base, e spesso la viviamo come una cosa negativa che ci crea ansia.

Per questo motivo noi siamo presi nel cercare costantemente di scappare dall’insicurezza.

Pensiamo che affrontare i nostri demoni significhi rivivere un evento traumatico, o scoprire con certezza che non valiamo niente.

Imparando invece a stare, familiarizziamo con quelle sensazioni che a poco a poco perdono il loro aspetto minaccioso.

Un modo per praticare l’essere presenti è fermarsi, prestare attenzione a ciò che ci circonda e fare tre respiri profondi.

Un altro modo è quello di sedersi tranquilli e ascoltare.

Semplicemente ascoltare i rumori della stanza.

Per un minuto, ascoltate i suoni che vi circondano.

Per un altro minuto, ascoltate quelli distanti.

Ascoltate con attenzione. Il suono non è né buono né cattivo.

E’ solo un suono.

Forse nell’esperienza dell’ascolto, scoprirete di essere capaci di attenzione.

La capacità di essere presenti con vigilanza.

Certo, la vostra mente è probabile che divaghi.

Quando questo accade che l’oggetto di meditazione sia il respiro, un suono, una sensazione, o un’emozione, appena notate che la mente si è distratta, dolcemente fate ritorno.

Ritornate perché il presente è prezioso e fugace è perché senza un punto di riferimento a cui tornare, non noteremmo mai che ci siamo distratti, che ancora una volta siamo andati in cerca di un’alternativa all’essere pienamente presenti, un’alternativa all’essere qui con le cose esattamente così come sono, anziché come preferiremmo che fossero.
 
Studio di Psicoterapia
Patrizia Nicoletti
Ricevo a Legnano
 
Cell. 338-3829166
 
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