Oggi sentiamo parlare spesso di gentilezza ed è positivo. Essere gentili dovrebbe essere un atteggiamento vero e profondo, capace di portare valore all’interno delle relazioni e non una moda, un trend. Ben venga allora la giornata mondiale della gentilezza perché ci dona l’occasione di focalizzare l’attenzione su una delle più belle qualità umane. Come sappiamo, tale commemorazione si celebra il 13 novembre: in questa stessa data, nel 1997, si tenne la Conferenza del “World Kindness Movement” a Tokyo, che si chiuse con la firma della Dichiarazione della Gentilezza.
La gentilezza, nell’antichità, veniva considerata un atto di benevolenza, un vero balsamo del cuore; secondo Rousseau, anzi, l’avere cura delle persone è ciò che consente di definirsi “umani”. Il sentire riguardo alla gentilezza, a un certo punto, è cambiato e in epoca moderna spesso si è associato il termine a concetti come fragilità e debolezza. Nel 1970, lo psicoanalista Donald Winnicott scriveva che “un indicatore della salute mentale è la capacità di entrare nei pensieri, nei sentimenti, nelle speranze e nelle paure di un’altra persona. E di concedere a un’altra persona di fare lo stesso con noi”. Certo, questo concetto può fare pensare che essere gentili possa significare aprirsi agli altri e rimanere indifesi, ma non è così. Anzi, la gentilezza è vera forza, perché si sceglie di assumere un atteggiamento costruttivo, al di là delle paure.
Per fortuna, l’approccio oggi sta cambiando.
Sappiamo bene quanto la gentilezza offra vantaggi che possono migliorare la nostra vita e quella degli altri. Accogliere, mettersi in ascolto, donare attenzione e parole buone sono un concentrato di valore e cura, come evidenzia Barbara Taylor nel saggio “Elogio della gentilezza”, un libro che vi consiglio di leggere se avete voglia di approfondire l’argomento.
Essere gentili non fa bene solo alla nostra interiorità, ma agevola la crescita professionale. Il mondo del lavoro annovera la gentilezza tra le soft skills fondamentali. E, se ci avete fatto caso, da più parti si parla oggi di “leadership gentile”.
La domanda da porsi è se la gentilezza sia una dote innata oppure no. In parte lo è, ma, senza dubbio, richiede di essere allenata. E prima ancora, compresa per quello che realmente significhi.
Il dizionario Treccani definisce la gentilezza come la qualità propria di chi è capace di “concepire sentimenti che nobilitano, che rendono magnanimi”.
E tra i sentimenti nobilitanti vanno compresi la cortesia e l’amabilità con cui ci rivolgiamo e trattiamo gli altri; sintonizzandosi su questa lunghezza d’onda, comprendiamo in maniera più profonda i bisogni e i segnali di aiuto che arrivano dall’esterno, contribuendo a donare serenità dove è necessario. Certo, risulta chiaro come la gentilezza sia collegata alla relazione, al modo con cui entriamo in contatto con le persone e al messaggio che comunichiamo. È la tendenza a essere accoglienti, premurosi, amabili. Non dimentichiamo che si tratta di vere e proprie pratiche di benessere perché incrementano la produzione di dopamina (l’ormone del piacere), di ossitocina, (l’ormone dell’amore), e di serotonina (l’ormone della felicità). La conseguenza è un impatto positivo sul nostro sistema immunitario.
In un periodo di forti conflitti e crisi mondiali come il nostro, dove l’atto della gentilezza pare relegato ai margini della vita, il sociobiologo Daniel Lumera e Immaculata De Vivo, scienziata e professoressa di epidemiologia alla Harvard University, nel loro libro “Biologia della gentilezza”, ci esortano a essere gentili verso noi stessi, empatici, prossimi a chi ci sta accanto. Questo modus vivendi elargisce incredibili vantaggi; è lo strumento rivoluzionario che ci farà vivere meglio.
Essere gentili produce in noi e in chi incontriamo un’autentica trasformazione. Ho voluto stilare un elenco che racchiuda i principali 8 benefici della gentilezza.
Contribuisce al benessere psicologico. Poiché siamo inseriti in un contesto di relazioni sociali e professionali, interagire in modo gentile con l’altra persona genera esperienze positive che vanno a influire sui nostri pensieri e sulle nostre azioni.
Aiuta a concentrarsi sugli aspetti più piacevoli della vita, riducendo la paura e l’ansia.
Ci avvicina all’altro, permette di instaurare legami genuini scanditi dalla reciprocità e dalla benevolenza.
Sollecita la fiducia, ci mostra le virtù di chi ci sta di fronte, evitando ostilità e sospetto.
Consente di raggiungere risultati migliori, anche in ambito lavorativo. Un clima gentile è motore di creatività e rende più operativi.
Sollecita a desiderare e diffondere il bene, e questo ha di certo un impatto sociale più che positivo.
Ci allena al rispetto, all’ottimismo, alla positività e incrementa l’autostima.
Ridona senso alla nostra esistenza e illumina i giorni più bui, ci rende felici.
Di certo nessuno dubiterà di questi benefici, eppure essere gentili ci viene difficile. La parola magica è una e vale in molti campi della nostra vita: allenamento.
Come possiamo allenarci alla gentilezza?
Partiamo con l’essere gentili nei confronti delle nostre mancanze, degli errori, delle paure limitanti.
Sosteniamo noi stessi e attribuiamoci il giusto valore che meritiamo.
Accogliamoci con compassione, evitando giudizi inutili e deleteri.
Adottiamo un diverso stile comunicativo: utilizziamo parole che educhino al rispetto, all’ascolto, alla condivisione.
Osserviamo i nostri sentimenti e la nostra rabbia, diamoci il tempo di comprendere le nostre emozioni. L’impulsività è nemica della gentilezza.
Dedichiamo tempo alla meditazione. Ma anche semplicemente a momenti di silenzio introspettivo.
Rispondiamo con atti gentili alle persone ostili, sono coloro che ne hanno più bisogno.
Oggi più che mai il mondo ha bisogno di gentilezza. Inoltre, come abbiamo detto, la gentilezza ci permette di instaurare una relazione positiva sia con noi stessi sia con gli altri. A volte basterebbe davvero qualche piccolo cambiamento nella nostra quotidianità per compiere passi decisivi nell’acquisizione di una migliore qualità della vita. La gentilezza può essere definita una forma di auto educazione emotiva.
Inoltre, se ci pensiamo, la bellezza di un atto gentile irradia di buona energia sia chi riceve quell’atto, sia chi lo pratica. Questo atteggiamento è quindi in grado di appagare le nostre necessità psicologiche di base, sia di appartenenza che relazionali. Un gesto di bene che propaga altro bene combatte l’ansia e la paura, incrementa il buon umore e l’autostima, ci aiuta ad assaporare la gioia del vivere.
Concludo con una frase del Dalai Lama che sarà utile ricordare: “Sii gentile quando è possibile. È sempre possibile”.