Gentilezza cognitiva: che cos'è e perché ci fa bene
Gentilezza cognitiva: che cos’è e perché ci fa bene
La gentilezza è per fortuna riconosciuta come un valore e un’attitudine da coltivare, visti i numerosi benefici che apporta alla nostra vita e a quella degli altri. Sempre di più viene intesa quindi per quello che è: una preziosa qualità dell’anima, una cortesia dell’essere che permette alle persone di connettersi sulla base della loro comune appartenenza, di sostenersi a vicenda nell’ascolto, nella solidarietà e nella comprensione.
Hai mai sentito parlare di gentilezza cognitiva? Per capirla a fondo, dobbiamo definire le caratteristiche dell’intelligenza umana.
Ti capita di percepire qualcosa senza averne la certezza? Oppure di intuire come vada affrontata una situazione ascoltando le sensazioni che provi? Si chiama intelligenza emotiva ed è una delle capacità - oggi si dice soft skills - dell’essere umano. Significa saper dare ascolto alle proprie emozioni e a quelle altrui, ed essere in grado di gestirle al meglio, nelle diverse situazioni che la vita ci pone di fronte.
Di intelligenza emotiva ne parla Daniel Goleman in un libro che s’intitola “Intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici”. Proprio secondo Goleman, l’intelligenza emotiva deriva dalla capacità di relazionarsi con gli altri, è l’empatia, la consapevolezza di sé e la capacità di gestire le proprie emozioni.
Tra gentilezza e intelligenza emotiva c’è un legame stretto ecco perché si parla di gentilezza emotiva. Noi possediamo però anche un’intelligenza cognitiva, basata sulla mente e sul ragionamento, da cui si genera la gentilezza cognitiva.
Gentilezza cognitiva: che cosa significa e perché ci fa bene
Quanto tempo dedichi al tuo benessere? Immagino e spero un tempo giusto e di qualità. Sicuramente cerchi di curare la tua alimentazione, il tuo corpo, praticando sport, ma anche la tua immagine, riservando attenzione alla tua esteriorità: tutto questo è più che positivo, continua a farlo. Curi di certo le tue relazioni con gli altri, coltivando buone amicizie, trascorrendo momenti liberi con persone che ti fanno stare bene; cerchi di dare il meglio nelle dinamiche familiari infondendo buona energia e amore.
E la tua mente? Curi la mente? Non intendo solo a livello culturale, mi riferisco all’osservazione di sé e dei propri meccanismi mentali.
A volte trascuriamo questa parte di noi che è molto importante. Grazie alla mente riusciamo a rendere più durature e fondate le nostre abitudini, fino a farle diventare parte di noi.
Spesso ci muoviamo comandati da una sorta di pilota automatico, applichiamo inconsciamente modelli di pensiero, per lo più, precostituiti. Per non fare uno sforzo mentale, per non pensare troppo ci avvaliamo, diciamo, di cibi precotti. Pensieri preconfezionati. Mettere in gioco la nostra intelligenza cognitiva oltre che emotiva invece fa la differenza.
Vuol dire, in parole semplici, attivare il pensiero e la ragione.
Significa che la gentilezza si baserà su aspetti di ragionamento, pensiero, riflessione. Le nostre azioni non saranno il frutto di impulso o del “faccio così perché è giusto”, ma avranno solide radici perché considerate e ponderate. Praticare una gentilezza cognitiva significa attuare comportamenti aperti e sintonizzati sull’ascolto vero di noi stessie degli altri.
Mi piace ricordarti che la gentilezza cognitiva ci fa bene anche perché, tra l’altro, avendo una base fisiologica, calma il sistema nervoso simpatico e attiva il sistema nervoso parasimpatico.
Come si sviluppa la gentilezza cognitiva?
A questo punto, è normale e giusto che tu ti chieda come praticare la gentilezza cognitiva, quali leve mettere in moto, come agire concretamente per svilupparla.
Come prima cosa, prendi le distanze da bias cognitivi errati. Il bias cognitivo è sostanzialmente un pregiudizio che può esserci utile, per esempio, in situazioni di pericolo o emergenza (se si verifica una determinata situazione - incendio, terremoto, ecc - il tuo pensiero precostituito ti farà agire d’impulso, consentendoti di fuggire o metterti al sicuro); ma può diventare limitante quando non è filtrato dalla consapevolezza, caso tipico quando si tratta di bias di conferma di credenze acquisite; un bias cognitivo è quello chiamato “fallacia di Gabler” ed è la tendenza a dare credito al passato, così ogni giudizio viene influenzato da ciò che è già accaduto senza rinnovarsi mai sulla basi di condizioni che saranno, di certo, mutate.
Disattiva schemi di pensiero negativi: “se sono gentile, le persone si approfitteranno di me”. Questa tra l’altro è una delle più radicate motivazioni che si tirano fuori quando si vuole contestare l’efficacia della gentilezza nelle relazioni. Ma non ha ragione d’essere. Può darsi che davvero qualcuno si sia approfittato, non significa però che tutti si comporteranno in quel modo.
Ripensa ai concetti a cui di solito ti riferisci e prova ad analizzare se siano sostenuti dalla realtà. A tutti noi capita di agire giustificando le nostre scelte su concetti che ci andiamo ripetendo da anni, ma non ci preoccupiamo di verificarne la validità. Non sempre la nostra percezione del mondo, degli altri, del vissuto è quella reale; scopri i filtri che ti impediscono di vedere la verità.
Rinnova il tuo mindset. Ti chiedi mai quale sia la tua forma mentale, quella in base a cui agisci e attui le tue scelte? Bene, è opportuno considerarla e valutare, quando ti limita, di cambiarla migliorando il tuo atteggiamento mentale. Succede di rispondere a schemi educativi e culturali che, in fondo, non ci appartengono e da cui dovremmo affrancarci.
Coltiva gentilezza verso di te. Guarda ai tuoi errori come parte inevitabile di un cammino di crescita, prendi atto dei tuoi limiti e dove puoi migliora, gestisci i sensi di colpa che a volte ingigantiamo.
Praticare gentilezza vuol dire “essere” gentili con noi e con gli altri e quando una buona abitudine è acquisita nell’essere, nell’interiorità, non può che costruire il bene. Inoltre, dovremmo sempre pensare che anche un piccolo gesto può portare grandi cambiamenti; la gentilezza è contagiosa e quando la riceviamo vorremmo subito ricambiarla. Anche tu puoi dare un contributo davvero importante per permettere che la nostra società evolva verso relazioni più umane, dove l’attenzione all’altro non sia l’eccezione ma la normalità. Educare alla gentilezza - con l’esempio - è uno dei più bei doni che possiamo fare alle future generazioni.
Voglio salutarti con una frase della grande Maya Angelou, “Sii un arcobaleno nella nuvola di qualcun’altro”.