Nei precedenti articoli del blog, ho parlato spesso del ruolo educativo della self-compassion, dell’importanza di farla entrare nella propria vita come genitori, ma anche di quanto sia fondamentale insegnare ai nostri figli la self- compassion in tutte le fasi della loro crescita. Se saranno bravi ad apprendere come applicare la compassione, possiamo predire, con un certo grado di sicurezza, che saranno anche compagni, mogli o mariti migliori per i loro partner. La self-compassion agisce infatti in modo rilevante anche nella coppia.
Self-compassion: quanto fa bene alla relazione di coppia
L’avrai sperimentato anche tu, di fronte a un partner ci si confronta con la profondità dei nostri sentimenti: nel rapporto a due vengono messi in gioco non solo paure e fragilità che ci caratterizzano, ma anche consuetudini di comportamento che abbiamo appreso sia nella nostra famiglia, sia dalle nostre esperienze pregresse.
I momenti di dialogo con l’altro sono una ricchezza e le eventuali divergenze possono costituire opportunità per esprimersi e capirsi sempre di più, tuttavia, tali occasioni generano a volte conflitti.
Perché e quando il confronto viene gestito nel modo sbagliato rischiando di compromettere l’apertura alla controparte?
La risposta non è semplice perché risiede nella nostra storia e nella nostra specificità, sia come individui che nell’unione. È utile però fare un esercizio per riuscire a capire meglio quali sono i rischi nella nostra modalità dialettica. Questo esercizio parte dall’identificazione dei nostri punti sensibili, dei tasti emotivi che, se sollecitati, ci fanno reagire esattamente all’opposto di come dovremmo, e vorremmo, per il bene della nostra relazione.
I quattro cavalieri dell’Apocalisse
I comportamenti che possono far fallire il dialogo e l’intimità, destinandoli a un inevitabile naufragio, sono spesso facilmente identificabili, in particolare dall’esterno. L’alta reattività o addirittura l’aggressività nei momenti critici, il disprezzo di uno dei due partner verso l’altro, l’incapacità di ironia o di affetto nei momenti di conflitto sono tutti segnali di quanto due persone rischino nel tempo di logorare il rapporto e allontanarsi.
John Gottmann, che ha studiato a fondo le relazioni amorose, chiama questi segnali “I quattro cavalieri dell’Apocalisse” e sono:
Le coppie “sane” non sono prive di conflitto, non si tengono lontane dalle divergenze o peggio ancora le nascondono, ma capiscono qual è la chiave per poterle affrontare e superare; riescono a tenere la propria modalità di interazione al sicuro dall’Apocalisse, evitando i quattro atteggiamenti elencati sopra.
I benefici della self-compassion nella relazione di coppia
Ma come entra in gioco quindi la self-compassion?
Il suo ruolo è di disinnescare le dinamiche negative che abbiamo elencato, quegli atteggiamenti che indirizzano la relazione verso la propria disgregazione.
Questo avviene in diversi modi:
applicando la gentilezza verso sé stessi: ogni volta che viene toccato il tasto emotivo sensibile che genera in noi reazioni violente possiamo provare ad allenarci nella self-compassion comprendendo che stiamo reagendo oltre il limite, non a causa del partner e per la situazione specifica, ma a causa di una nostra sensibilità particolare che non deve compromettere l’interazione con l’altro;
generando in noi sicurezza emotiva e dandoci la possibilità di ricorrere alla calma, di non sentirci esposti e minacciati;
offrendoci il giusto equilibrio per valutare con serenità le difficoltà all’interno del rapporto e aumentare l’apertura verso il partner;
facilitando la ricerca della vicinanza e dell’affetto e rendendoci più ironici verso noi stessi, creando quindi anche opportunità di distensione nei momenti critici;
creando le condizioni di disponibilità, perché entrambe le persone coinvolte, prima di parlare di sé stesse, riconoscano l’aspettativa dell’altro in modo che il confronto possa progredire invece di irrigidirsi su posizioni opposte.
Quando le liti rischiano di ingigantirsi perché da entrambe le parti si fatica a prendere la giusta distanza, può essere costruttivo interrompersi, congelare la situazione, per riflettere con compassione, smettere di gettare benzina sul fuoco e recuperare un atteggiamento comprensivo e disponibile verso l’altro.
L’irrazionalità di certe modalità di stare con gli altri - che abbiamo acquisito nell’infanzia e nelle relazioni precedenti - rischia di far subire al compagno o compagna di vita di oggi delle rappresaglie che non hanno nulla a che vedere con il suo comportamento oggettivo: la self-compassion ci mette in condizione di fermarci, riconoscere il problema, d evitare di attribuire al nostro partner la responsabilità di quanto è stato generato in noi da una storia di cui lui o lei non ha piena consapevolezza.
Miglioramento del vissuto sessuale
Anche il vissuto sessuale può migliorare grazie alla self-compassion nel momento in cui questa ci consente di andare al di là degli stereotipi sociali che circondano l’argomento e che sono oggi molto contraddittori. Da una parte, c’è una forte aspettativa di disinvoltura rispetto alla relazione fisica, con cui veniamo bombardati, per esempio, nelle serie televisive o nella musica; dall’altra, ci sono le persone reali, che possono non vivere affatto la stessa disinibizione e soffrire di questa contraddizione, pensiamo soprattutto ai più giovani.
La verità è che ognuno di noi vive la propria sessualità in maniera differente ed è giusto che possa conformarsi solo a quello che viene percepito come giusto e piacevole per gli individui coinvolti nel legame. In questo la gentilezza verso sé stessi può aiutare a comprendersi e ad accettarsi sia come singoli che in due, anche sul piano sessuale, favorendo la conoscenza di sé stessi emotivamente e fisicamente.
Le ferite irrazionali di cui abbiamo parlato e che possono mandare all’aria una storia d’amore manifestandosi in modo inopportuno nei conflitti, è probabile che compaiano pure in camera da letto: esercitare la self-compassion può essere benefico anche su questo fronte per vivere la sessualità in modo appagante secondo i propri desideri e concedersi il piacere che ne deriva.
Vi voglio salutare oggi con una frase tratta dal libro di Kristin Neff, La self-compassion, che riassume quanto abbiamo visto in questo percorso: “Il dolore e le relazioni disfunzionali si trasmettono da una generazione all’altra. Un mix di eredità genetica e circostanze esterne fa sì che la nostra vita si svolga all’interno di una rete di condizioni che vanno ben oltre noi stessi e il nostro controllo. L’unico modo per superare il circolo vizioso in cui reagiamo al dolore generando più dolore è fare un passo per uscirne, riempiendo il nostro cuore di compassione e perdonando noi stessi e gli altri”.